La lezione del Covid (e non solo): nasce il Dipartimento interaziendale per la Gestione integrata del Rischio Infettivo


La lezione del Covid è stata chiarissima, si riescono a fronteggiare le emergenze infettive solo se le competenze vengono condivise sistematicamente attraverso canali istituzionalizzati su tutto il territorio e se l’integrazione tra le varie realtà sanitarie è massima.
La Sanità dell’Emila Romagna e di Bologna hanno fatto fronte alla Pandemia meglio di altre realtà, perché questo concetto era già condiviso ma certamente molto resta ancora da fare.

Nella fase acuta pandemica di inizio 2020 il supporto delle Malattie Infettive del Sant’Orsola e la collaborazione con la Microbiologia sono state indispensabili, sia nella gestione dei pazienti, sia nella organizzazione della catena assistenziale. In più l’integrazione culturale ed operativa con la Medicina del lavoro è stata fondamentale per la messa in sicurezza degli operatori sanitari e, a ricaduta, grazie alla stretta collaborazione con il Dipartimento di Sanità Pubblica dell’Azienda USL con una gestione coerente dell’intero processo di prevenzione e screening a livello di popolazione.

Ma il COVID ha dato tante altre lezioni. Ad esempio, la allarmante circolazione di germi multiresistenti nelle rianimazioni italiane e nelle strutture di lungodegenza, salita a livelli allarmanti nella fase pandemica, ha dimostrato quanto fosse fragile la nostra organizzazione in termini di misure di prevenzione del rischio di trasmissione all’interno delle organizzazioni sanitarie e quanto labile fosse la nostra cultura di governo dell’utilizzo coerente dei farmaci antimicrobici.

Oggi le funzioni di Malattie infettive, Microbiologia e Medicina del Lavoro confluiscono in un unico dipartimento interaziendale tra Sant’Orsola, Azienda USL di Bologna, Azienda USL di Imola e Istituto Ortopedico Rizzoli per fornire a tutto il territorio metropolitano a partire dal Medico di Medicina Generale, passando dalle Case residenze anziani e Case della Salute, agli Ospedali metropolitani fino ai grandi stabilimenti cittadini il meglio della diagnosi e cura per patologie infettive e l’utilizzo più adeguato dei farmaci a disposizione. Nasce così il Dipartimento interaziendale per la Gestione integrata del Rischio Infettivo diretto dal professore Pier Luigi Viale.

Nello specifico opereranno in maniera sinergica e coordinata nel nuovo dipartimento: Malattie infettive; Microbiologia; Medicina del Lavoro; integrate da altre strutture complesse e semplici di valenza dipartimentale, rappresentate da

  • stewardship antimicrobica per definire le linee di principio della prescrizione e della somministrazione degli antimicrobici a tutti i livelli della catena assistenziale, dalla medicina di comunità fino alle Unità Operative di massima complessità di tutti gli ospedali
  • farmacologia clinica, finalizzata a realizzare due importanti obiettivi terapeutici, stabilire la terapia “tagliata su misura” per ogni singolo paziente ed ogni specifico sito di malattia e cotituire il passaporto farmacogenetico per una più precoce identificazione del rischio di tossicità
  • gestione delle emergenze epidemiologiche, il cui ruolo è stato ampiamente dimostrato dell’evento pandemico. Ogni organizzazione sanitaria deve dotarsi di un supporto culturale ed operativo per essere sempre pronta ad adattarsi alle necessità epidemiologiche, dalle misure di profilassi, all’utilizzo dei vaccini, alle modificazioni strutturali
  • gestione della rete infettivologica, struttura il cui compito sarà coordinare le attività consulenziali su tutti gli ospedali della rete metropolitana
  • infine, due nuovi programmi, uno per la gestione integrata delle infezioni osteoarticolari in stretta collaborazione con l’Istituto Ortopedico Rizzoli ed uno legato al rischio infettivo nei trapianti di organo solido e di midollo affiancheranno i due già esistenti per la gestione clinico-terapeutica delle epatiti croniche, e la gestione integrata dell’infezione da HIV.


Perché una riorganizzazione
Le malattie infettive rappresentano un capitolo della medicina in continua evoluzione.
Se alla fine degli anni ’70 antibiotici e vaccinazioni avevano portato ad ipotizzare che le malattie infettive non rappresentassero più una priorità nei paesi ad alto sviluppo socio-economico, quanto accaduto nei successivi 40 anni ha ribadito quanto tale ipotesi fosse fallace.
L’epopea dell’AIDS iniziata negli anni 80, le grandi epidemie occorse negli scorsi 15 anni, dalla SARS, alla MERS, alle influenze aviaria e suina, fino alla grande epidemia di EBOLA del 2014 hanno ribadito il pericolo costante rappresentato dal rischio infettivo, pericolo drammaticamente ripropostosi lo scorso anno.
Ma altre problematiche infettivologiche hanno coinvolto pesantemente la sanità pubblica italiana: la mortalità per infezioni da germi multiresistenti è sicuramente il tallone d’Achille dei sistemi sanitari avanzati, la cui capacità di gestire situazioni cliniche di massima complessità e pazienti di elevata fragilità è contrastata dal rischio di infezioni correlate all’opportunismo microbico.
In più, la globalizzazione assieme ai tanti vantaggi sociali economici e culturali ci ha messo di fronte alla necessità di gestire le patologie endemiche nei paesi dai quali molte persone si spostano verso l’Europa. La tubercolosi ne è l’esempio più calzante: divenuta una malattia sporadica in Italia partire dagli anni 60 è tornata ad essere un problema clinico e sociale non trascurabile. E la sua gestione non passa solo da una buona cura del singolo caso ma da una organizzazione sanitaria capace di intercettare precocemente i casi, effettuare la necessaria prevenzione e garantire percorsi di cura ottimale per lunghi periodi.
Le malattie da infezioni non sono mai le stesse per troppo tempo: l’infezione da HIV, male incurabile degli anni 80 e 90 oggi è diventata una malattia curabile, così come le epatiti croniche. E ciò ha reso necessario cambiare radicalmente i paradigmi gestionali di tali pazienti, divenuti da acuti a cronici, da persone con una breve aspettativa di vita a pazienti ambulatoriali con aspettativa di vita pressoché normale se opportunamente seguiti e trattati.
Tutto ciò per ribadire quanto fosse necessaria una profonda riorganizzazione degli assetti gestionali ed assistenziali e quanto sia importante la costituzione di un dipartimento capace di prendersi carico di tutti i multiformi aspetti del problema infezione.